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FATTI AD ARTE – UNA RICERCA IN MOSTRA


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Liutai, orafi e presepai del centro storico di Napoli

Coordinamento Scientifico: Enrica Amaturo, Stefano Consiglio, Lello Savonardo, Barbara Saracino

L’artigiano non è solo e non è affatto un mestiere antico. Ancora radicato, il saper fare manuale può continuare ad avere un peso culturale e un valore nella società della conoscenza e nell’economia globale.

Scopo del progetto SNECS-Databenc è raccogliere e trasmettere i contenuti della conoscenza scientifica sul territorio della Campania, con particolare enfasi sui centri storici, attivando e sperimentando nuove strategie per la loro rappresentazione, organizzazione, diffusione e promozione.

La mostra prende spunto dalla ricerca etnografica condotta per un anno dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II su tre produzioni tipiche del centro storico napoletano: l’artigianato orafo, l’artigianato presepiale e l’artigianato musicale.

L’artigianato artistico napoletano, di cui le tre produzioni indagate sono gli esempi più noti, rappresenta una risorsa e un’occasione di sviluppo locale, testimonia la continuità con la tradizione ma anche la capacità di innovazione.

Gli orafi, i presepai e i liutai riprendono e adeguano tecniche dell’arte colta, ripropongono contenuti e tecniche di processi produttivi antichi, ma anche, in modi diversi, differenziano il loro prodotto e la qualità di questo in base alle nuove richieste rispetto al passato da parte dei committenti. Hanno introdotto nuove tecnologie all’interno dei processi produttivi tradizionali. Hanno introdotto cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e nella trasmissione del mestiere.

Obiettivo della mostra è raccontare e valorizzare il mestiere di artigiano e mostrare i processi di innovazione nella continuità, che seguono percorsi diversi nei tre contesti artigianali considerati.


I liutai

Una delle virtù dell’artigiano è la sua capacità di dominare l’intero processo produttivo o una sua parte rilevante e di usare con abilità una grande varietà di strumenti.
Chi sa osservare uno strumento musicale realizzato da un maestro liutaio è in grado di rilevare le conoscenze che egli ha impiegato nella sua costruzione: le scelte di impostazione, le decisioni tecniche e stilistiche, i metodi di lavorazione. La costruzione di uno strumento a corda ad arco a plettro o a pizzico è un’operazione paziente e meticolosa che necessita di molti giorni di lavorazione e di diverse fasi per la sua costruzione, partendo dalla scelta del legno fino ad arrivare alla montatura e alla verniciatura. Spesso un maestro liutaio ha uno strumento di elezione, che preferisce realizzare più degli altri o in cui si è specializzato.
La bottega Calace, specializzata nella produzione di mandolini, è organizzata come un tempo: con un titolare e dei lavoranti, mentre le botteghe Anema e Corde e Liutarte sono nella pratica spazi di coworking, in cui ogni liutaio self-made si occupa dei suoi strumenti e delle sue commesse.
Solo Raffaele Calace ha una lunga tradizione familiare alle spalle; gli altri artigiani liutai rappresentano la prima generazione all’interno della loro attività e hanno imparato – e a loro volta trasmettono – le tecniche del mestiere attraverso dei corsi di liuteria.
Quello della liuteria è il comparto che ha senz’altro vissuto la maggiore perdita di attività laboratoriali in città nel corso del tempo. Per affrontare la crisi e gestire la ripresa e il riposizionamento, i liutai si sono rivolti all’estero, hanno investito sulla qualità del prodotto e la realizzazione di uno standard superiore, e sul contatto diretto con il cliente.


Gli orafi

La zona degli Orefici nell’area della Città Bassa è sin dall’età medievale sede della produzione orafa napoletana, costituisce quindi il luogo di radicalizzazione storica degli orafi, riuniti per secoli in una corporazione detta “nobile arte degli orefici”, il cui primo statuto risale al 1380, durante il regno di Giovanna I di Angiò. Questa zona ha perduto molte delle sue aziende più grandi quando è stato istituito nel 1996 il Tarì nella provincia di Caserta. Nel tessuto urbano sono rimaste le aziende di dimensioni più piccole, che producono pezzi caratteristici per la qualità. Queste aziende, insieme ai commercianti della zona, si sono riunite in un Consorzio che ha preso il nome di Antico Borgo Orefici.  Tra le altre cose, il Consorzio organizza corsi di formazione destinati a giovani orafi (già operanti o potenziali) e svolge attività di incubazione e supporto alle start-up del comparto.

In tutti e tre i settori considerati sono oggi presenti figure nuove rispetto al passato. Se prima la trasmissione del mestiere avveniva sin dall’infanzia e spesso in ambito strettamente familiare, oggi i giovani – anche “i figli d’arte” – approdano in bottega o cominciano un corso dopo una formazione scolastica, e a volte anche universitaria, legata al mondo dell’arte o del design.

I nuovi orafi stanno provando a far dialogare “atomi e bit”. Considerando i tre settori, materiali e strumenti nuovi vengono usati molto più spesso nell’oreficeria, soprattutto dalle nuove generazioni, che hanno imparato durante la loro formazione ad usare programmi al computer per disegnare e stampanti 3D per costruire i prototipi degli oggetti da realizzare poi con le tecniche tradizionali sedendosi al “banchetto” da lavoro.


 

I presepai

Le botteghe dei presepi sono concentrate su via San Gregorio Armeno e in un’area del centro delimitata dai due decumani (Via dei Tribunali e Via San Biagio dei Librai) e dalle due strade ortogonali ad essi. A differenza dei liutai e degli orafi, nel caso dei presepai quasi tutte le botteghe si trovano al piano terra, con affaccio diretto sulla strada, lungo la quale è esposta la merce. Quello dei pastori e dei presepi è un mercato attivo, che vede la presenza di acquirenti, spesso turisti o collezionisti, sia italiani sia stranieri.

Nelle botteghe di solito il maestro presepaio è colui che nello specifico modella da un disegno tutto il corpo del pastore o solo la testina, se lo stile usato è quello del Settecento. I maestri presepai considerano gli utensili che usano per scolpire o modellare semplicemente “un prolungamento delle dita” e i loro prodotti un mezzo per comunicare.

Mentre i nuovi orafi stanno provando a far dialogare “atomi e bit”, i presepai quindi ritengono che l’innovazione nel loro mestiere non sia legata tanto all’introduzione di nuovi materiali e strumenti quanto piuttosto alla differenziazione del prodotto. Differenziare il prodotto non significa affatto però per questi artigiani ritrarre personaggi famosi o persone comuni su commissione, ma piuttosto mettersi in connessione con l’eredità artistica e le risorse del territorio per renderle contemporanee, valorizzando il proprio metodo, la propria identità e visione.